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all’abate carlo innocenzo frugoni 5

le glorie, i fatti del borbonio nome,
65d’un Augusto miglior Fiacco piú degno.
Tu al tentar primo de’ miei passi il duro
cammin di Pindo agevolasti; e vidi
per te degnarmi di sorriso amico
la poetica gloria, e al giovin crine
70non vulgar serto ordir. Ma, oh quanto mai
vincer mi resta di quell’ardua rupe,
ove tu, cinto delle prime frondi
del pindarico allòr, risplendi e miri
sudar pedestre innumerabil turba,
75che, nuda di vigor, vòta di genio,
segna nel limo de la falda oscura
magri sensi non suoi, sognati affetti
d’un chimerico amor, etiche idee,
platoniche follie, servili ingegni!
80Del plauso intanto universal sui vanni
dal boreale al mauritan confine
vola il tuo nome a trionfar del tempo.
Frema l’invido biasmo, a cui serpeggia
freddo velen per le maligne vene,
85e de le gonfie ferruginee labbra
soffi l’infesto ai nomi alito tetro.
Non ti caglia di lui. L’ingiusto oltraggio
dá luce al merto; e, in sé sicura e forte,
splende virtú, che sol di sé s’adorna:
90qual, se torbida eclissi assalga e veli
del sol la bella luminosa faccia,
sempre a se stesso ugual, folgora e ride
il gran padre del lume, e sol del denso
tergo lunar l’oscuritade accusa.
95Sí ch’io t’ammiro, inimitabil vate,
e meco tutto al tuo valore applaude
il non discorde giudicar dei saggi.
Tu quello sei che da l’impura nebbia,
che, mista a un lampo menzogner, l’augusto