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130 | carlo castone rezzonico della torre |
II
L’ORIGINE DELLE IDEE
all’abate di condillac
Τῶν ἁμόθεν γε, θεά, θύγατερ Διός, εἰπέ καἰ ἡμῖν. Omero, Odiss., lib. i, v. 10. |
E qual nuovo mi s’apre arduo sentiero
che teme Euterpe di calcar? Da lunge
miro le balze d’altissima rupe,
cui molto intorno le profonde selve
5spargono orror di sacra nebbia, e tutto
aspreggiano i dumeti ispidi il fianco.
Pur di timida luce un fioco raggio
vacilla intra le fronde, e il cammin segna;
qual se fra nubi al viator si mostri
10la bicorne de’ vaghi astri regina,
allor che nel suo corso umido vince
fredda notte autunnale i dí giá manchi.
Cingono il monte orrende valli e lungo
fragor di vorticose onde e lamento
15d’Eco in vote caverne. Ah non è questa
la vestita di fiori erta di Pindo!
Questa non è la garrula Aganippe,
che tra’ lauri febei mormora e fugge!
Dunque l’impresa lascerò, né baldo
20mi renderan le vigilate notti,
e dell’acuto Gallo e del pensoso
Anglo le carte con man tarda vòlte,
su cui l’irrequieto avido spirto,
in un tenace meditar, pascendo
25va l’onorato di saper desio?