i domatori Troiani e gli Achei corazzati di bronzo, 20si percotevano ancora con l’aste, per Elena Argiva.
Ma non Antìclo: ei giacea nel suo sangue, vicino a la soglia,
cupido ancor de la voce che l’anima già gli sommosse
dentro il cavallo d’Epèo, dove stavano i principi d’Argo,
l’uno de l’altro sentendo l’anelito breve ne l’ombra. 25Ecco, allorquando il brusìo de la turba vanì, che nel giorno
era durato a l’intorno con pallidi cori di donne,
simili a canti che loro giungessero ombrati dal sonno;
quando gli Achei palpitavano già d’ogni piccola pesta,
ecco che a tutti una voce, la voce più dolce che niuna, 30come a ciascuno sol una, arrivò de la donna lontana.
Era la donna lontana, che dolce chiamava per nome,
l’un dopo l’altro, gli eroi, sommovendone l’anima stanca.
Ed in un palpito ognuno, in un émpito ognuno si mosse
o per uscir da l’agguato o rispondere alate parole; 35quando Odisèo li frenò; ma Antìclo la bocca ad un grido
subito aprì, che morì sotto il grave calcar de la mano
del glorïoso Odisèo che gli disse, anelando, a l’orecchio:
“ Pargolo! è Elena questa, è Elena Argiva, la Morte! „
Elena tacque e partì; ma Antìclo restò con la voce 40della sua donna lontana nel mezzo a la rete del cuore.
Quando coi principi uscì, nereggiante di collera il cuore,
arse, distrusse, scannò; giù, nelle fumanti rovine
egli avventò, con gl’infanti, i lebeti ed i tripodi in atti,
spinse tra candidi seni di vergini, immemore, il ferro, 45chè tra le grida e i singulti ed i rantoli e il fragor d’armi,
desiderava una voce, la voce più dolce che niuna.