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Apòstate parer, persistean truci
Ne’ giurati decreti, ove decreti
210Sconsigliati pur fossero. Ogni volta
Che Irnando dalle sue balze rimira
Il castel di Camillo, e rivolgendo
Va quanto spesso col diletto amico
In quelle sale, a quel verron, su quelle
215Mura, per quel pendìo, sovra quell’erto
Ciglione, in quella valle, avea di santi
Affanni e santi gaudii conversato,
Di repente corrucciasi, e la fronte
Colla palma fregando, a sè ridice:
220« Via quelle stolte rimembranze! obbrobrio
L’onorar d’un sospiro i dì bugiardi,
Che amabil tanto mi pingean quel tristo! »
     Men concitato da alterigia, avea
Camillo a dame ed a baroni ufficio
225Pacifero richiesto. E quelle e questi
Sordo trovaro a lor parole Irnando.
     Ma alla dolce Ildegarde or molto incresce
Questa fera discordia; ognor paventa
Che i fremebondi prorompano a guerra.
     230— Freddi interceditori, o sposo mio,
Forse fur quelle dame e que’ baroni
Di cui mi narri. Di te degno oh come