Nelle schiere d’Otton, contro a cui l’asta 325Scaglierà in breve; e tanto orgoglio è in lui,
Che nè lo sdegno mio, nè la sagacia
Non teme, nè il valor! Perfido! io mai
Stato non fora a tua amicizia ingrato;
Alla mia ingrato ardisci farti: trema! 330Valor non manca al vilipeso e senno
Da smascherar tua ipocrisia. Ludibrio
Ne fur bastantemente il sire, i grandi,
Le sciocche turbe, e insiem con loro io stesso!
Così nel suo vaneggiamento infame 335S’agita l’infelice, e non s’accorge
Che il re d’abisso più e più il possede;
Così travolve le apparenze ogn’uomo
Che a livor s’abbandoni!
Ecco Guelardo
Giunto ai reali di Bamberga ostelli; 340Eccolo assaporante i nuovi onori,
Ma com’egro che, misto ad ogni cibo,
Sente l’amaro della propria bile.
Più sovra il labbro di Guelardo il nome,
Come già tempo, d’Ebelin non suona, 345O su quel labbro se talvolta suona,
Laude non l’accompagna, e il favellante
Impallidisce, e torvamente abbassa