Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/51


( 49 )

     Ebelin s’adirò. L’imperadrice
     225E Otton con nobil gagliardìa difese,
     E de’ Greci sorrise. Ei sì facondo
     Favellava, e amichevole e verace,
     Che i più irati l’udìan con reverenza:
     Con tenerezza quasi, ancor che invitti
     230Nel feroce astio e nell’ardente brama.
          Di Guelardo lo spirto a quel congresso
     Funestamente s’esaltò. Il diletto
     Ebelino ei vedea, nella commossa
     Fantasìa, re, suscitator di gloria
     235Ad un popol redento. Il vedea bello
     Giganteggiare in immortali istorie,
     Com’un di que’ supremi, onde la terra
     Lunghi secoli è priva; e sè medesmo
     Socio vedea di quel supremo, e a lui
     240Successor forse, e. . . . Che non sogna audace
     Ambizïon, se raggio ha di speranza?
          Quand’ei fu sol con Ebelin, ridisse
     Le voci insieme intese, e commentolle
     Coll’insistenza del favore; e aggiunse
     245Maligno esame de’ pensier, degli atti
     D’Ottone, e della Greca in trono assisa,
     E degli astuti amici ond’ella è cinta.
     Quasi certezza accolse i più irritanti