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     Di quella moltitudine di menti,
     Mostrando alma pacifica, e di novo
     Sovra il trono s’assise, e chiese il canto
     Delle arpatrici. Ognuno imitò il sire,
     360Dissimulando la imprudente scossa
     Data ai pensieri dal gagliardo vate,
     E dolcissima scese sugli spirti
     Delle virginee voci insiem sonanti
     La musica celeste. Ognun per altro,
     365Benchè temprato a palpiti più miti,
     Volgendo la pupilla in sul monarca,
     Contristar si sentìa; chè nell’augusta
     Faccia, atteggiata indarno alla quiete,
     Balenava recondito corruccio,
     370E l’occhio suo fulmineo esser parea
     D’imminente rigor nuncio tremendo.
     I più avveduti spettatori scritta
     La morte vi scorgean del pro’ Ugonello.
          Ad Aldiger s’approssimò Romeo,
     375E — Che festi? gli disse sotto voce;
     Che fia di te? Finta indulgenza è questa,
     Che te impunito breve tempo lascia:
     Libero uscirai tu di questa cinta?
     E se pur libero esci, ove allo sdegno
     380Ti sottrarrai del rege? Oh potess’io