670Pareangli tutti, e sommi ed imi, in Roma.
E che a Roccello non parea? . . . Gilnero
Zufolava fremendo e intercalando:
— Cola di Rienzo il tavernar! costui
Aver senno da Cesari! Albagìa 675D’uom che impazzì su que’ vetusti libri
Di cui la gente il dice dotto, e breve
Reca stupor! ne ghignerem dimane.
E la dimane da Gilner predetta
Spuntò non tarda. Il dotto imbaldanzito 680Sol ne’ volumi conoscea la grande
Arte del regno, e in suoi pensier foggiava
Uomini antichi, ed ignorava il core
De’ respiranti, e gioco alto imprendea
Da giocator frenetico. Trasparve 685Tra’ suoi lampi d’ingegno al mobil volgo
La stoltezza di Cola, e fin que’ lampi
Gli si negaro, e l’appellar buffone,
E riser di sue leggi e dalle spalle
Strappargli voller di tribuno il manto, 690Ed ei chiamò i suoi fidi alla battaglia,
E quei che fidi ei riputava, il ferro
Volser sull’idol loro e il laceraro!
In quella orrenda civil pugna, il folle
Parteggiar di Roccel per l’assalito