L’invochiam sospirando, e riportiamo
Alle cene domestiche e alla pace
Del proprio letto il desïïoso sguardo. 260E le vergini piangono a quell’ora
Più dolcemente o la perduta madre,
O l’amica, od il prode, a cui risposto
Avea già il cor, se non le labbra: «Io t’amo!»
Ed a quell’ora tutto ciò nell’alma 265Sente un alto poeta, e più che mai
Con mistica armonia s’ordinan belle
D’egregi fatti istorie entro sua mente.
Tal ben era Aldigero, e in sè volgea
Fantasie nobilissime, e lui pure 270Premeva uopo di carmi. E nondimeno
Sue fantasie turbava una tristezza,
La tristezza gentil de’ generosi,
Nel dire entro il cor suo, che, mentre tanta
Qui la festa fervea, mentre brïaca 275Di piaceri e spettacoli e conviti
Era pur la genìa, carco di ferri,
In cupe volte di prigion, nel lezzo
E nel dolore un Ugonel giacesse
Senza conforto di parola amata, 280Nè di soave illusïon, presago
Di quell’orrendo palco e di que’ neri