E le universe voci, ancor ch’allegre,
Rombavan sì moltiplici e sì ferme,
Che la tremenda ricordavan foga 210Di città che o si scagli alla rivolta,
O per subiti incendi o per tremoto
Impetüosa dagli alberghi spanda
Uomini e donne, e per le vie cozzante
Strilli fuggendo la insensata turba. 215Si discernea ch’ell’era gioia, e pure
Era una gioia che mettea spavento.
A quel mar traripato argine intorno
Incrollabil si feano estesi armenti
D’italici corsieri e di tedeschi, 220Affrenati dà prodi, irti di lance,
E le precipitose onde giganti
S’agitavan represse gorgogliando.
In tali urti di gente il buon Romeo
Da una parte fu spinto, e da altra parte 225Spinto venne il suo figlio, e vanamente
Qua e là si cercan lungo tempo un l’altro,
E a chiamarsi a vicenda alzan la voce.
Il sole iva all’occaso, e detto avresti
Ch’ei discendesse in mezzo al gregge umano, 230Tutto affollato sulla immensa terra.
Quella vista, e la splendida vaghezza