A calmar quelle ambasce e que’ terrori
E a consolarsi fra i soavi amplessi 1620Dell’innocente vergine, il cruccioso
Padre venìa talor. Con duri modi
L’aspreggiava e garriala del suo pianto,
Poi commoveasi e l’abbracciava, e preci
La supplicava d’innalzar pe’ guelfi. 1625E nelle rughe della smorta fronte
Ella più e più leggea del genitore
I sinistri presagi. Insinüante
Sonava un non so che nella pietosa
Voce di lei che costringea il canuto 1630A poco a poco a palesarle occulti
Sempre novi dolori.
Un dì le disse:
— Più non pregar pe’ guelfi! abbandonati
Siamo da Dio! Deluse ha mie speranze
Il superbo Manfredo: i miei consigli, 1635I preghi miei non cura. Adulatrici
Parole ei vuol; darle non so. Un drappello
D’infami lusinghieri applaude a tutte
Sue tirannie, le suscita, il fa cieco
Stromento a loro insazïabil sete 1640Di tesori e vendette. Apportar senno
Volevamo e giustizia; abbiam delitti