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Affidato d’Arrigo alla canizie,
Argomentasse tutti esser maturi,
Tutti esser giusti gli audacissimi atti
630Cui Manfredo appigliavasi. Ahi! d’Arrigo
La canizie coprìa pochi pensieri,
Benchè gagliardi, e quell’ardito prence
Consigli non chiedea, ma obbedïenza.
     Arrigo sè medesmo in alto pregio
635Reputa nella mente di Manfredo:
A lui si crede necessario, e spesso
Immagina que’ dì, quando in Saluzzo
Dominerà quel novo sire, ed ivi
Migliorate n’andran tutte le leggi.
640Giubila e fra sè dice: — A tanto bene
Della mia patria io dato avrò l’impulso!
Io sono il genio di Manfredo! Io lui
Illuminato avrò! Tener lontana
Saprò da lui l’adulatrice turba,
645E gli ottimi innalzar! Beneficate
L’adoreran le Saluzzesi terre,
Ma unito al nome suo splenderà il mio!
     Sì grande speme ad Eleardo egli apre,
Voglioso d’infiammarlo. Il giovin ode,
650Ma sta sospeso e mesto, indi ripiglia:
     — Rimaner con Manfredo obbligo è nostro,