Udìa Eleardo il prolungato grido
Del supplice canuto, ed il veloce
Corso intanto seguìa. Ma benchè sordo
Paresse e irreverente, a lui que’ detti 560Eran quai dardi all’anima commossa,
E vïolenza a sè medesmo ei fea
Non fermando il suo corso, e non volgendo
Il piè per rigittarsi alle ginocchia
Del caro supplicante. Il pro’ Eleardo 565S’ostinava per varii ignoti impulsi
A ritornar fra i collegati duci,
Cercando creder ch’ei virtù seguisse,
Ed Ugo fosse un tentatore, un cieco
D’errori amico. Intende il cavaliero 570Ad ogni vil tentazïon lo spirto
Incolume serbare: idolo intende
Virtù, virtù, non larva farsi alcuna!
Virtù vuol ravvisar, virtù secura
Nelle giurate splendide fortune, 575Che il re Angioìno ai Saluzzesi e a tutta
La penisola appresta. Ei quel monarca
Ed i suoi capitani, e più Manfredo
Vuol reputar veraci eroi. Ma pure . . . .
Ad onta del proposto, il sen gli rode 580Nascente dubbio irresistibil. Cela