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605Son dell’infanzia le memorie tutte
Cui tu sempre sei caro, e che sì caro
Ad Ildegarde non sarìa, se iniquo.
     — Sarebbe ver? balbetta Irnando; e il ciglio
Gli si rïempie di söave pianto.
610Ei m’amerebbe ancora? Ei non per beffe
A me mandò que’ freddi intercessori
Che sì mal peroravano, e quel troppo
Zelante messagger che m’inaspriva
Col suo ardimento? E ch’altro volli io mai
615Ch’esser amato da colui ch’io amava?
D’odïarlo io giurava, e non potea!
Ma e se la tua benignità, Ildegarde,
Ti traesse in error? S’ei mentre alcuna
Rammemoranza di me pia conserva,
620E quasi m’ama nel passato ancora,
Pur qual son m’esecrasse, ed appellarmi
Collegato di vili anco s’ardisse?
Se sconsigliati egli dicesse i passi
Che al mio castello hai mossi, e dall’irato
625Cor prorompesse: « Amar non posso Irnando!
Amarlo più non posso! »
                                                   I dolorosi
Dubbii vieppiù son da Ildegarde sgombri,
Col ricordar sull’amicizia antica