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Tal fu lo sciagurato, onde la prima
     Fïata io stupefatto e impaurito
     Intesi accenti di bestemmia astuti
     248Contro a’ misteri, dietro cui l’eterna
     Maestà del Signore all’uom traluce.
          Avess’io a quell’apostata strappata
     L’indegna larva! L’avess’io al cospetto
     252De’ giusti vilipeso! Io stoltamente
     Tacqui, e volsi nel cor le rie parole
     Dell’incarnato Sàtana, e sorrisi
     Al suo ingegnoso e perfido sorriso,
     256E in forse stetti, fra i dettami austeri
     Da verità segnatimi, e i dettami
     Lieti e superbi del parlante serpe.
          Da quel funesto giorno io non potei,
     260No, disamar le sante are paterne,
     Ma a quando a quando io le mirava, incerto
     Se venerar le dovess’io, siccome
     Ne’ miei dì d’innocenza, o se più senno
     264Fosse obblïarle o irriderle, e aver soli
     Idoli i miei voleri e il mio ardimento.
          Così varcai l’adolescenza, e gli anni
     Toccai di giovinezza, ebbro di studi
     268E di speranza nelle forze innate
     Del mio altero intelletto. E pure i templi