Tu fosti, o mio Luigi1, il caro petto
Che, allorch’io dalle Franche aure tornava,
Me a quell’insigne amico tuo diletto 12Legasti d’amistà che non crollava:
Oh quanto è salutare a giovinetto,
Perchè avvolgersi sdegni in turba ignava,
Lo stringer mente a mente e palma a palma 16Con celebre, gentil, fortissim’alma!
Ma, sventura, sventura! Uom così degno
D’amar colla sua grande anima Iddio,
In fresca età l’ardimentoso ingegno 20Ad infelici dubitanze aprìo:
Chè di natura l’ammirabil regno
Opra di cieche sorti or gli apparìo,
Or de’ mondi il Signor gli tralucea, 24Ma incurante d’umani atti il credea.
Nondimen fra’ suoi dubbii sfortunati,
Ugo abborrìa l’inverecondo zelo
Di que’ superbi, che, di fè scevrati, 28Fremono ch’altri innalzin voti al cielo;
E talor mesto invidïava i fati
Del pio, cui divin raggio è l’Evangelo;
E spesso entrava in solitario tempio, 32Come non v’entra il baldanzoso e l’empio.