Qui il ciel sovente è limpido zaffiro,
E spande fulgidissima la luce,
Poscia improvvisa là sui gioghi io miro 108Nube che tuoni e fulmini conduce,
E ne’ rami degli alberi uno spiro
Freme di vento, or lusingante, or truce,
E in tutte quelle cose è un’armonìa 112Che scuote l’alma ed al Signor l’avvìa.
Venìa meco Tancredi, ed ammutiti
Or contemplando questo, or quell’obbietto,
Più gioïvam perchè fra noi partiti 116Sensi cotanti d’intimo diletto
Scorger ne fean quanto da Dio forniti
D’unanime eravam mente ed affetto:
Tacean le lingue, ma l’alterno sguardo 120Il söave dicea sentir gagliardo.
Più oltre i passi producemmo, e alfine
I delùbri toccammo desïati:
Su, ciascun di essi vaghe ombre son chine 124D’olmi vetusti, sotto a cui posati
Già si son peregrini e peregrine,
Ora in polve dispersi ed ignorati.
Quanti, com’io, veduto han queste rive! 128Tutti son morti, e quella ombra sorvive!