Non basta ch’ei, mentre con essi scherza,
Pur li brami al suo cenno obbedïenti,
E talor pigli l’esecrata sferza 266A domar le più irose audaci menti.
Uop’è che padri e madri abbian sublime
Conoscimento dell’ufficio loro,
E le impronte, che i figli accolgon prime, 270Sien d’amor, d’innocenza e di decoro.
Uop’e che i genitor la prole estime,
Perchè non da piaceri o sete d’oro
O bassa invidia spinti unqua li miri, 274Ma da pii, generosi, alti desiri.
Gemer che val che nostra età sia guasta?
Che abbondin tradimenti e fratricidii?
Che del dubbiar l’orribile cerasta 278Strazii le menti e tragga a’ suicidii?
Al torrente de’ vizi argin chi pone,
Se mal la patria a’ figli suoi provvede?
Se de’ fanciulli il cor non si dispone 282Da’ genitori ad alti sensi e fede?
Se il giovine schernir religïone,
O simularla da’ canuti vede?
Perchè t’onorerà, padre, il tuo figlio, 286Se in te virtù mai non brillò al suo ciglio?