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A VENERE.



Deh! vieni, o Venere,
     E versa in aurei
     Nappi il tuo nettare
     Commisto a fior.




Se nobil brama tu avessi e bella
     Nè male alcuno nella tua lingua,
     Dagli occhi rimosso il pudore,
     Il tuo diresti giusto desìo!1.




Più, dolce madre, tessere
     La tela non poss’io,
     Tal, per la cruda Venere,
     Ho d’un garzon desìo.




D. Verginità, mi lasci? ove ten vai?
R. Non verrò più da te, non verrò mai!




Tramontar Luna e Plejadi:
     È mezzanotte: vola
     L’ora precipitevole,
     Ed io qui dormo sola.




  1. Dicono che sia questa una risposta ad Alceo.
    (V. framm. seguente di Alceo, pag. 28)