Pagina:Poesie di Giovanni Berchet.djvu/89


— 89 —

Ne’ teatri, lunghesso le vie,
Fin nel tempio del Dio che perdona,
Infra un popol ricinto di spie,
28Fra una gente cruciata e prigiona,
Serpe l’ira d’un motto sommesso
Che il terrore comprimer non può:
«Maledetta chi d’italo amplesso
32«Il tedesco soldato beò!»

Ella è sola: — Ma i vedovi giorni
Ha contato il suo cor doloroso;
E già batte, già esulta che torni
36Dal lontano presidio lo sposo. —
Non è vero. Per questa negletta
È finito il sospiro d’amor;
Altri sono i pensier che l’han stretta,
40Altri i guai che le ingrossano il cor.

Quando l’onte che il dì l’han ferita
La perseguon, fantasmi, all’oscuro;
Quando vagan su l’alma smarrita
44Le memorie e il terror del futuro;
Quando sbalza dai sogni, e pon mente
Come udisse il suo nato vagir;
Egli è allor che alla veglia inclemente
48Costei fida il secreto martir:

«Trista me! Qual vendetta di Dio
Mi cerchiò di caligine il senno,
Quando por la mia patria in obblio
52Le straniere lusinghe mi fenno?
Io, la vergin ne’ gaudi cercata,
Festeggiata — fra l’Itale un dì,
Or chi sono? l’apostata esosa
56Che vogliosa — al suo popol mentì.

«Ho disdetto i comuni dolori;
Ho negato i fratelli, gli oppressi;
Ho sorriso ai superbi oppressori;
60A seder mi sono posta con essi.