Fosca, fosca ogni dì più s’aggreva
Su lo spirlo d’Arrigo la noia;
Nessuo dolce desir gli rileva
Qualche bella speranza nel sen;
Non gli ride un sol lampo di gioia;
Teme irata ogni voce ch’ei senta;
Vede un cruccio, uno scherno paventa 168Su ogni volto che incontro gli vien.
La sua patria ei confessa infamata,
La rinnega, la fugge, l’abborre;
Pur da altrui mal la soffre accusata,
Pur gli duole che amarla non può.
Infelice! L’Europa ei trascorre;
Ma per tutto la insegue un lamento:
Ma una terra che il faccia contento, 176Infelice! non anco trovò.
Va ne’ climi vermigli di rose,
Lungo i poggi ove eterno è l’ulivo,
A traverso pianure che erbose
Di molt’acque rallegra il tesor;
Ma per tutto, nel piano, sul clivo,
Giu ne’ campi, di mezzo a’ villaggi,
Sente l’Anglia colpata d’oltraggi, 184Maledetta da un nuovo livor. —
Va in le valli de’ tristi roveti,
Su pe’ greppi ove salta il camoscio,
Giù per balze ingombrate d’abeti
Che la frana da’ gioghi rapì; —
Ma ove tace, ove mugge lo stroscio
Quando l’alta valanga sprofonda,
Da per tutto v’è un pianto che gronda 192Sovra piaghe che l’Anglia ferì.
Varca fiumi, e di spiaggia in spiaggia
Studia il passo a cercar nuovo calle.
Per città, per castelli vïaggia,
Nè mai ferma l’errante suo piè. —