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     Sperdi, o cruda, calpesta gli imbelli!
     Fia per poco. — La nostra vendetta
     La fa il tempo e quel Dio che l’affretta,
     128Che in Europa avvalora il pensier. —

«Io vivea di memorie; — e il mio senno
     Da manie, da fantasmi fu vinto.
     Veggo or l’ire che compier si denno: —
     E più franco rivivo al dolor.
     Questa donna che piansemi estinto,
     Questa cara a cui tu mi rendesti,
     Più non tremi: a disegni funesti
     136Più non fia che m’induca il furor.

«Forse il dì non è lunge in cui tutti
     Chiameremci fratelli, allorquando
     Sopra i lutti espïati da’ lutti
     Il perdono e l’obblio scorrerà. —
     Ora gli odi son verdi: — e nefando
     Un spergiuro li intima al cor mio;
     Però, s’anco a te il viver degg’io,
     144Sappi ch’io non ti rendo amistà;

«Qui starò nella terra straniera;
     E la destra onorata, su cui
     Splende il callo dell’elsa guerriera,
     A’ servigi più umili offrirò. —
     Rammentando qual sono e qual fui,
     I miei figli, per Dio! fremeranno;
     Ma non mai vergognati diranno:
     152Ei dall’Anglo il suo frusto accattò.»

L’uom di Parga giurò; — nè quel giuro
     Mai falsato dal miser fu poi; —
     Oggi ancor d’uno in altro abituro
     Desta amore a chi asilo gli diè.
     Scerne il pasco ad armenti non suoi;
     Suda al solco d’estranio terreno,
     Ma ricorda con volto sereno
     160Che l’angustia mai vile nol fe’.