Disse Arrigo. — E de’ remi la lena
L’ansia ciurma su l’acque distese;
Ma a schernirlo dall’ima carena
Fra i tacenti una voce salì:
«Che t’importa, o vilissimo Inglese, 30Se un ramingo di Parga morì!»
Quella voce è il dispetto de’ forti
Che, traditi, più patria non hanno. —
Que’ voganti alle belle consorti
Corciresi ritornan dal mar. —
Con lor passa a Corcira il Britanno 36Poi che i venti al suo legno mancâr. —
Come il reo che dà mente all’accusa,
Sentì Arrigo l’ingiuria, e si tacque:
Come il reo che non trova la scusa,
Strinse il guardo, la fronte celò;
E dell’isola avara ov’ei nacque 42Sul suo capo l’infamia pesò.
Ma un nocchiero i compagni rincora;
Sorge un altro, e lor segna un maroso;
Ecco un altro si affanna alla prora;
Il goerno da poppa ristè. —
Ecco un plauso: «Su! mira il tuo sposo, 48Mira, o donna, perduto non è.» —
Quando Arrigo posarsi al naviglio
Vede il miser, su lui s’abbandona,
E, qual madre a la culla del figlio,
Su le labbra alitando gli vien;
Della vita il tepor gli ridona; 54Gli conforta il respiro nel sen.
I nocchieri a quel corpo grondante
Tutti avvolgono a gara i lor panni;
Tutti a gara d’intorno all’ansante
Gli affatica un’industre pietà. —
Noto a tutti è quell’uom degli affanni; 60Ognun d’essi la storia ne sa.