Par che da forze perfide
Messa quaggiù in travagli,
Sporga ver Dio la lagrima
Cui gli uomini insultâr.
Patria!.. Spilberga!... vittime!...
Suona il suo gemer tristo. —
Quel che dir voglia, il sanno;
Com’ella pianga, han visto;
E niun con lei partecipa
Tanto solenne affanno;
Niun gl’infelici e il carcere
Osa con lei nomar.
Chi dietro un flauto gongola,
Che di cadenze il pasca,
E chi allibbisce ombroso
D’ogni stormir di frasca;
Come nel buio il pargolo
Sotto la coltre ascoso,
Se il dì la madre, improvida,
Di spettri a lui parlò.
Altri il pusillo spirito
Onesta d’un vel pio;
Piaggia i tiranni umìle.
E sen fa bello a Dio.
Come se Dio compiacciasi
Quant’è più l’uom servile,
L’uom sovra cui la nobile
Immagin sua stampò!
E quei che fean dell’itale
Trombe sentir lo squillo
Là sulla Raab, soldati
Del tricolor vessillo,
Che a tener fronte, a vincere
Correan, — per tutto usati
L’Austro, il Boemo, l’Unghero
Cacciar dinanzi a sè,