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È altrove, è fra i balli del popol ritroso
Che fervon racconti del dì sanguinoso.
Là chiede ogni voce: Guerrieri, che fu? —
Oh, bello! sul campo venir di que’ prodi,
Tracciarne i vestigi, ridirne le lodi,
Membrarne per tutto l’audace virtù!

Nei dì del Signore, dinanzi gli altari,
Allor che l’uom, netto d’affanni volgari,
L’origin più intende da cui derivò;
Ignoti al rimorso d’averla smentita,
Oh bello! in sen piena sentirci la vita,
Volenti, possenti, quai Dio ne creò!

Nel coglier dell’uve, nel mieter del grano,
Dovunque è una gioia, fia sempre Legnano
L’altera parola che il canto dirà.
Ma, guai pe’ nipoti! se ad essi discesa,
Diventa parola che muor non compresa:
Quel giorno l’infame dei giorni sarà.

Snerbato, curante ciascun di sè solo;
Qual correr d’estranei! qual onta sul suolo
Che a noi tanto sangue, tant’ansie costò.
Allor, non distinti dai vili i gementi,
Guardando un tal volgo, diranno le genti:
I re che ha sul collo, son quei che mertò. —


V


     Era sopito l’Esule;
     Era la notte oscura;
     E nulla più del lago
     E delle grigie mura.
     Ecco ne’ sogni mobili
     Una diversa immago;
     Ecco un diverso palpito
     Del dormiente al cor.