È un quietar spontaneo,
Un ripigliar decoro.
Par anco peritosa
Una sfidanza in loro,
Come di chi con palpito
S’appresta a veder cosa
Che riverenza insolita
Sa che dee porgli in cor.
Ecco far ala, e un adito
Schiuder. Chi è mai che vegna? —
Non da milizie scorti,
Non da fastosa insegna,
Son pochi, — sol cospicui
Per negri cigli accorti:
In mezzo il biondo popolo,
Muovono lento il piè.
A coppia a coppia, in semplici
Prolisse cappe avvolti.
Che franchi atti discreti!
Che dignità nei volti!
Tra lor dan voce a un cantico;
Tra lor l’alternan lieti.
Oh, della cara Italia
La cara lingua ell’è! —
Lo stesso evangelo toccato da’ suoi,
Toccammo a vicenda; giurammo anche noi
Quel ch’egli col labbro dei Conti giurò.
Su l’anime nostre, su quella di lui
Sta il patto: la perda, la danni colui
Del quale avran detto che primo il falsò.
In Curia solenne, fra un nugol di sguardi,
Qual pari con pari, coi Messi lombardi
Fu duopo al superbo legarsi di fè!
Il popol ch’ei volle punito, soggetto,
Gli sfugge dal piglio; gli siede a rimpetto,
Levata la fronte, sicuro di sè.