Tal fra le vôlte gotiche
Distesa in su l’avello
Gli avi scolpian l’effigie
Del morto cavalier. —
Passan da trivio in trivio:
Dar nelle trombe fanno:
Cennan che il popol taccia;
Parlano. — Intente stanno
Le turbe. E plausi e battere
Di palme a quei procaccia
Sempre il bandito annunzio,
Sovra qual trivio il diêr. —
Ma di che fan tripudio?
Ma che parola han detto?
Ma sul cammin la calca
Or di che sta in aspetto?
La pompa ond’essi ammirano,
Più e più lontan cavalca!
E anco lontan non s’odono
Trombe oramai squillar.
Pur non v’è un uom che smovasi
A ceder passo altrui.
Chi d’usurparlo ardisce,
Balza respinto; e lui
Del suo manchevol impeto
Chi’l vantaggiò, schernisce.
Da ciascun gesto il tendere
De’ curiosi appar.
All’ondeggiante strepito
Di sì condensa gente,
Ecco, una muta sosta
Or sottentrò repente.
Pur nè le trombe suonano,
Nè palafren s’accosta
Che porti del silenzio
L’araldo intimator.