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Val di Magra. Chiuso tra ’l mare e le montagne, disperava omai della via, quando il marchese Malaspina, fattosegli incontro, tramezzo alle gole montagnose de’ suoi feudi il condusse a salvezza in Pavia.

Dove bandì incontanente una dieta. Non v’intervennero deputati che di Pavia, Novara, Vercelli e Como, e il sopradetto marchese Malaspina con altri cinque feudatari. Decretò ribelli le citta federate, e gittando il guanto in mezzo dell’adunanza, pose disfida alla lega lombarda.

Quindi, alla testa dei vassalli intervenuti, corse quella parte del Milanese che confina a Pavia. D’altro lato le citta italiche, congregata l’assemblea, contrapponevano alla disfida imperiale un novello giuramento, con cui s’obbligavano a scacciare terminativamente d’Italia il tiranno. Da Lodi e da Piacenza mossero i cavalli ch’erano quivi stanziati, e i fanti da Milano. Federigo, non osando di commettere una battaglia campale coi pochi lanzi rimastigli, si buttava alla guerra di partito: finchè estimando men degna d’un imperatore questa guisa di pugnare contro chi e’ chiamava ribelli, nel marzo del 1168 si ricondusse in Germania, con tanto segreto e celerità, che avea già attinte le terre di Savoia, prima che uno ne avesse sentore. Dove, passando per Susa, fu astretto dai paesani a rilasciare tutti gli ostaggi che traeva con sè; nè consentitogli di progredire, infinoatantochè non si furono cerziorati che, dei trenta cavalieri sottosopra che il seguitavano, nessuno apparteneva all’Italia.

Dileguatosi Federigo, cadde affatto il partito imperiale, che più omai non teneva che al prestigio del suo nome. Quindi i repubblicani espugnarono il castello di Biandrate, liberatine gli ostaggi. Novara, Vercelli, Como, Asti, Tortona, i feudatari di Belforte e del Seprio, e il marchese Malaspina si accostarono alla lega. Non rimanevano che Pavia e il marchese di Monferrato. I quali piuttosto che ridurre coll’armi, i confederati deliberarono di rendere innocui con facendo dono alla lega d’una nuova citta, che eressero dai fondamenti nella magnifica pianura al confluente del Tanaro e della Bormida, sul confine dei sopradetti due Stati; la quale posta loro a cavallo, ne avrebbe intercise le comunicazioni, e signoreggiatili. Tutte le milizie di Cremona, Milano e Piacenza si misero all’opera; deviarono le acque dei fiumi circostanti in una larga fossa di circonvallazione, eressero baluardi di creta saldati con trecce di paglia, costruirono case: e, chiamativi gli abitatori dei circostanti villaggi, dieder loro diritto municipale, popolare reggimento, e voce