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Federigo Barbarossa, immagine vivente della tedesca rabbia; pure, secondo que’ tempi, eccellente capitano, fortissimo soldato, e, in qualche caso d’eccezione, generoso cavaliere: il quale, signoreggiato da dirotta ambizione per una parte, e dall’altra preoccupato a non saper riconoscere nei politici reggimenti altra tempra, che quella dell’assoluto dominio e del servaggio assoluto, discende in Italia con possente nerbo di forze, e con magnifica baronia. Apre la scena, guastando campagne, struggendo ricolti ove che passa; alcune città rasando, tutte offendendo e taglieggiando. Evoca dalla polvere ogni guisa di diritti regi, e ne fa un’arme contro ai popoli in mano de’ suoi luogotenenti. Dopo di che, coronatosi re d’Italia in Pavia, e a Roma imperator d’Occidente, ripassa in Germania.
Poi torna a visitare l’Italia: con 100,000 combattenti espugna Brescia; batte Crema con arieti, a cui avea fatto prima sospendere penzoloni gli ostaggi tolti da quella città; assedia Milano che disperatamente resiste, poi si arrende per fame. Era nato intanto scisma ne’ latini, per la doppia elezione di papa Alessandro e dell’antipapa Vittore. Puntellando Federigo costui, ch’era suo cagnotto, i Milanesi, schiacciati sì ma non domi, forti del favore del legittimo pontefice, risorgono alla testa del partito guelfo, ch’era quello insieme della religione e della causa italiana. Di qui Federigo osteggia nuovamente la capitale lombarda; la quale, dopo prodigi di valore, dopo un’ultima sortita degli assediati, in cui l’imperator medesimo fu scavalcato e ferito, è forzata arrendersi, per manco di viveri, a discrezione del nemico. Al quale fu rassegnato aste, bandiere ed esso stesso il Carroccio, mentre una processione innumerevole di sacerdoti, di vecchi, di donne e ragazzi, con croci supplichevoli in mano, secondo l’usanza dei tempi, prosternandosi a terra, ponevano l’anime loro in mano del vincitore. Questi, dopo tenutili in quell’ansia, peggior del danno, per alcuni giorni, sentenziando finalmente, consacrò la città all’esterminio. Fu vacuata dai dolorosi abitanti, e ripartitine da smantellare i quartieri fra altrettante bande della soldatesca. Edifizii pubblici e privati, archi, case, tempii, monumenti, mura, bastite, non rimase in pochi giorni sasso sopra sasso; e sul nudo suolo fu sparso il sale, a documento di sempiterna sterilità. Gli abitatori vennero spartiti, a guisa di mandre, in quattro borgate, che furon comandati di fabbricarsi, quattro miglia discosto dalla distrutta città. Per un riscontro a questo quadro, Federigo con a fianco l’imperatrice, coronato il capo, con gran pompa