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ricordiamoci che ad afferrarle più strette, a ritenerle più sicure varranno l’amore tra di noi, e le arti franche della verità e della forza cogli estranei, e non già i trovati della diplomazia.

Non era ancora ridotta ad arte la diplomazia ai tempi de’ Lombardi; ma il fondamento di essa esisteva anche allora, il brutto vizio di avere altro sul labbro, altro nell’animo, di torcere le parole a dire quello ch’elle non debbano significare. In Pontida i Lombardi metteansi in atto di esercitare il diritto più santo de’ popoli, pigliavano l’armi per iscacciare gli stranieri e l’imperatore straniero; e nondimeno gridavano: «Salva sempre la fedeltà all’imperatore.» In Costanza eglino vedevano consacrate dalla pace il fatto della loro indipendenza dall’imperatore; e nondimeno giuravano: «Riserbato l’alto dominio all’imperatore.» Nel primo caso, le parole nulla affatto dovevano dire: nel secondo, ben poco più di nulla. Ma quest’ultime lasciavano aperto uno sportello agli stranieri, e davano loro adito a macchinare in Italia discordie che vi rompessero la Lega e vi rimettessero la debolezza. Quando viene a mancare la forza che ha soggiogate le parole e costrettele a dire meno del loro significato; allora le parole riprendono tutta quanta la forza loro, e dicono tutto quello ch’elle sanno dire. Così la sciagurata parola alto dominio somministrò col tempo colore di diritto alle angherie dei successori di Federigo. E però qualunque popolo aspira all’indipendenza, guardisi dall’essere corrivo nelle parole, e non ponga fiducia in quelle de’ diplomatici Un celebre di questi faccendieri politici, celebre anche per l’acume de’ suoi tanti frizzi, ai quali egli sopravvive come ai suoi artifici, perchè la moda è cambiata, ebbe a dire, alcuni anni fa, che Dio aveva data la parola all’uomo onde con essa celare il nostro pensiero, e non già manifestarlo. Fidinsi dopo questo alle promesse dei diplomatici le nazioni se il possono.