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nondimeno in questi cinque sogni qualche cosa di troppo misurato, di troppo ragionevole. In essi poi si fa un gran parlare, quando invece è noto che d’ordinaria i sogni consistono principalmente d’immagini visibili; dunque poco verisimiglianza ne’ cinque sogni. In essi è anche una certa mancanza, diciamo così, d’intonazione poetica, non solamente qua e là nello stile, ma nel tutto insieme della finzione, un non so che inesprimibile di grave che non sa trascinarti fuori della realtà della vita più che tanto, un ideale che è bensì poetico, ma lo si sente cercato con intendimento prosaico. La forma poi di questo componimento, visione o sogno, fantasie che lo si chiami, è una forma di poema che ha tanto di barba, una forma usata e riusata fino alla nausea, una forma vecchia come la vecchia memoria di Abacuc...

Sia ringraziata l’esistenza tra noi dell’espressione proverbiale vecchio come Abacuc, e ringraziato il suo venirmi ora nella penna. Essa interrompe l’articolo che, senza avvedermene io stesso, stava facendo su di me, fatica malaugurata che gli autori imprendono bensì sovente, per carità del libro loro, ma non mai per dirne male, ma sempre serbandosi anonimi. Essa richiama anche il pensiero vostro ai profeti, ed a quelle loro visioni nelle quali è ben altra poesia che questa della Romanza, e nondimeno le parlate non sono nè poche, nè brevi. Ezechiele, per modo d’esempio, che se a taluni può parere un po’ meno poeta degli altri, e specialmente d’Isaia, è non per tanto un gran poeta anch’egli, e, credo, il più abbondante d’immagini visibili, Ezechiele non parmi che avesse paura del far parlare a lungo nelle sue visioni le immagini alle quali egli attribuiva favella. Ma la verità è che Ezechiele aveva per ascoltatori popolo e non critici; e noi, moderne scimie de’ poeti antichi, in Italia noi abbiamo critici e non popolo. E chi, cer-