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sa verso la prole, che non nella paternità naturale: chi trovò il primo quella metafora della paternità, avrebbe forse tirato un po’ più vicino al segno, se non curando la corrispondenza del sesso, avesse detto maternità letteraria: giacchè a far più intenso l’amore materno concorre anche la memoria della distretta del parto. In ogni modo, quel viso così male in accordo con la parola, quel viso che ho veduto in altri, nol voglio fare io, nè dire che i versi miei io li riconosco per brutti, e dirlo a detto smentito da me stesso: perchè se tali io li credessi davvero, li manderei a voi stampati e pubblicati?

Ma in tutto v’è un di mezzo; e quasi sempre la verità, chi voglia snidarla, è in quel di mezzo che è da rintracciarsi. Ciò che a me par vero, lo dirò a voi veracemente.

Già da alcune altre di queste mie inezie poetiche che prima d’ora ho date, non posso dire alle stampe, ma a malmenare agli stampatori, voi vi sarete accorti ch’io mi son messo sur una strada la quale non è giusto giusto quella indicata dall’estetica come conducente diritto allo scopo ultimo che l’arte poetica si prefigge, per unico, sur una strada dove spesso fo sacrificio della pura intenzione estetica ad un’altra intenzione, dei doveri di poeta ai doveri di cittadino. Nel conflitto di queste due sorta di doveri, è da ravvisarsi un’angustia per l’uomo che ne sente l’importanza di entrambe; e nella prevalenza in lui della devozione civile sulla devozione estetica, è da riconoscersi, se non m’inganno, qualche cosa d’onesto, la sottomessione dell’amor proprio all’amor della patria. Siamo uomini tutti, e tutti l’abbiamo la nostra ambizione, ed è scempiaggine il dir di no: nè io pretendo che mi crediate non aspirante a qualche fama di poeta, non parziale fors’anche nell’estimare i diritti ch’io possa avere ad essa, per quanto deboli me li rinfacci la coscienza. Se di una tale am-