27Fuggi atro stuol de’ mali, che Pandora
Su noi mandò. Di luce più brillante
Ridi sereno o Cielo. Il Cielo ancora
O Natura a te rende il caro Amante;
E tu, che il canto mio degnasti ognora
Con un giocondo e placido sembiante
Accor, più lieto accogli or questi versi
Che del suo pianto ha l’amistade aspersi.
28Ah potess’io pur de’ miei carmi al suono
Più ornar que’ lauri, ond’è il tuo crin coverto:
Esser dee grato più, quando sia dono
Dell’amistade un apollineo serto.
Io pur seguace de’ tuoi studj sono,
E dell’Amante tua fei chiaro il merto.
Ma tu l’adorni sì, che del suo affetto
Essa il caro ti fece unico oggetto.
29Tue ne son l’are, e gli onor suoi... che sento?
Qual importuno rettile odïato
In mezzo al fango or gracchia? è il mio concento
Più dolce quanto è il suo gridar più ingrato:
Mentre canta gli Dei pien d’ardimento
Pindaro, e s’erge di forti ale armato
Del Parnasso alle cime, al piè si aggira
Fischiando un Piton nero, e invan si adira.