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in quel pianto soavissimo, qual sentillo Virgilio nell’usignuolo dolente, o quando ella sparge di dolci lagrime su l’urna de’ cari amici, o quando sfogasi ne’ lamenti pietosi sulle perdite di sua salute, o quando per esse abbandonasi in braccio al dolore acerbissimo di lasciar la sua cetra già polverosa, e di prender commiato barbaro dalle amate sorelle di Pindo.

Ma ohimè questo cuore si tenero e sì sublime dove mi guida alfine per la via stessa d’amore e di virtù alla perdita stessa della sua vita? Dopo aver per molt’anni sofferti assalti di tanti mali, potendo anch’ella pur troppo dire d’averli tutti provati, l’amor figliale doveva esser quello, che nel finirli tutti ce la rapisse per sempre. Una lunghissima malattia della madre amante ed amata coll’assistenza perpetua di Lei tra oggetti sempre funesti, tra desiderj e speranze ognor tradite, tra l’angosce di vedersela poco a poco rapire, e di perderla finalmente qual colpo non fu per quel cuore, e qual per un corpo già tanto debilitato, già infermo per tanti incomodi, già non