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     Lacere le tue membra, è ver, sepolte
     Giacquer sotterra, e qualche marmo appena
     De’ prischi figli tuoi rammenta il nome.
     125Pur dalle tue rovine, e del vetusto
     Squallor degli anni ad onta ergesti ancora
     Gloriosa la fronte, e ancor dell’Arno,
     Che Te parte fastoso, in sulle rive
     Torri, templi, palagi, ed archi io veggio
     130Mostrarsi orgogliosi, e nel tuo seno
     All’ombra amica di Palladie fiondi
     L’Arti belle fiorir, fiorir gli studj.
     Ma de’ compagni miei sento la voce
     Che al dipartir mi affretta; al cocchio uniti
     135Nitriscono i cavalli impazienti,
     Ne fia lungo il cammin ch’altro omai possa
     Me rattener fin ch’io dell’alma innante
     Città non giunga, che da Flora ha il nome.
     Salve Città regal; novella ovunque
     140Per l’ampie tue contrade il piede io volga
     Meraviglia lo arresta, e pende il guardo
     Fra mille obbietti attonito e confuso.
     Cosi d’un cinto in mezzo erboso prato
     Giovane pastorella il pie sofferma
     145I fior diversi a contemplar, incerta
     Qual pria raccolga per ornarne il seno.
     Sì, questo è il loco ove tornaron liete