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con quegli sguardi ardenti e casti ad un tempo, e gli parlava seria di quel suo amore immenso, e gli baciava le mani con quella sua espressione altera del volto, che, anche inginocchiata innanzi a qualcuno, l’avrebbe fatta parere una regina o una santa, lui si sentiva rinascere, si sentiva felice; un’onda di fede, di tenerezza purissima lo avvolgeva tutto, una grande smania lo prendeva di ringraziare qualcuno, di conoscere Dio, di gridargli la sua gioia.

Erano sposi da tre anni. Si sa, il tempo... Ormai niente e nessuno più gliela contendeva; per tre anni s’erano amati liberamente, scambiando pensieri e carezze, racconti e baci, rimembranze e sospiri. Poi, si sa, seguitando pure ad amarla, un’altra gli era parsa desiderabile, gli era piaciuta, lo aveva amato, e lui, anche lui, si sa. Ma per questo si doveva insudiciargli quell’immacolato sogno di tanti anni? Così, era stato tutto falso? la passione, l’alterezza, il candore? Quei vesperi indimenticabili, quando tornavano silenziosi da una lunga passeggiata insieme agli altri, e a uno svolto di via, dietro un fosso, le ombre della sera facendolo audace, egli stringeva rapidamente alla vita la sua fanciulla, e la sentiva fremere d’amore e di sgomento? E quando la sera, prima di lasciarsi, si stringevan la mano, guardandosi negli occhi, vibranti d’un solo desiderio: rivedersi presto il domani! e quando poi, lontani, vivevano lunghi giorni, scambiandosi rari segni di ricordo d’amore, ma sempre sicuri, sempre tranquilli, fra dubbi passeggeri e passeggere paure, fidenti in fondo nel proprio carattere e forti del loro amore... Tutto era falso, tutto era falso? Certo, d’ora innanzi, la libertà sarebbe maggiore... Ma quando, uscendo dalla casa di quell’altra che per lui tradiva il marito, s’av-