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AL PRINC. DON SIGISMONDO CHIGI 21

Nella mattina, all’alba, io sorgeva a salutare il sole nascente, poi o m’adagiava in mezzo alle folte erbe che tutto mi coprivano, o mi giaceva supino a mirare questo o quello spettacolo naturale (31-60), ovvero a contemplare, fra l’erbe, la varia vita degl’insetti, migliori in molte cose dell’uomo (67-94). Oggi non piú. Dunque una donna poté trasformare agli occhi miei ciò che mi parve già così bello? Tutto, tranne il dolore, è spento per me (95-143). Meglio sarebbe stato non averti veduta mai, fatale beltà: ma, riamato amante, non essere felice, non isperare di donarti mai il dolce nome di sposa, abbandonarti.... obliarti.... (144-164). Lungi, feroce idea, che la mia tenerezza cangi tutta in furore e me spingi forsennato pe’ campi su l’orlo d’un abisso, dentro cui vorrei gittarmi, per porre un termine a’ miei mali (164-193). Ma non oso. E perché prolungare questo lampo di luce, se m’è tolto l’oggetto che unico mi poteva lusingare e ho in odio me stesso e la vita? (194-214). Tu, dolce e sapiente amico, vivi in mia vece: e allora che su la sera t’avvenga di salire il monte, siedi sul sasso inciso del mio nome, poi volgi il guardo a valle e ti ferma a vedere l’ultimo pietoso saluto del sole alla mia tomba (215-2-29). — Questi sciolti, composti nel 1783 e pubblicati la prima volta nell’edizione de’ Versi fatta dal Pazzini quello stesso anno in Siena, furono scritti per «una modesta e bionda giovinetta di nome Carlotta», che il M. conobbe nell’Aprile dell’82 a Firenze in casa della improvvisatrice livornese Fortunata Sulgher Fantastici, in Arcadia Temira Parasside. «E probabile che la Carlotta, allora educata in un convento a Firenze, fosse figlia di una Rosa Stewart romana e dama di compagnia della Duchessa di Corbara, la principessa Giustiniani». Confidente del focoso amore del giovine poeta fu la Sulgher, come si rileva dalle lettere ch’egli le diresse in quel tempo da Siena e poi da Roma, pubblicate la prima volta da L. A. Ferrai (del quale sono le parole chiuse tra virgole) nel Giornale storico d. lett. it. vol. V, fasc. 3, p. 383 e segg. La ragazza, se non molto istruita, sembra fosse ricca, e che però il padre mandasse per le lunghe il matrimonio col poeta, il quale, com’è noto, viveva allora in Roma assai poveramente. Ciò serve a spiegare i vv. 150-163. Certo è che il M. in séguito, o per ripicco od altro, pose egli stesso degli inciampi alle non auspicate nozze. Per Carlotta furono anche composti «Il ritratto» e i «Pensieri d’amore». Cade dunque l’ipotesi che questi tre componimenti fossero dedicati a Teresa, ultima delle tre famose sorelle Petracchi. Cfr. Vicchi VI,p. 198 e segg. — Il personaggio al quale furono indirizzati questi versi è il principe don Sigismondo Chigi, intimo amico del p., nato in Roma da Agostino e da Giulia Augusta Albani nel 1736 e morto in Padova nel 1793. Quantunque, dal ’70 in poi, Maresciallo perpetuo di S. Chiesa e Custode del conclave, fu in fama di liberale e di propenso alle idee nuove. A 31 anni sposò donna Flaminia Odescalchi, della quale fu amorosissimo, che morì, dopo soli quattro anni di matrimonio, nel 1771. Buon letterato, coltivò la poesia con profitto specie nel suo poema L’economia naturale e politica (Parigi, Valade, 1781), dedicato a Pietro Leopoldo Granduca di Toscana, pel quale s’ebbe lodi sincere dal Visconti, che in quel tempo era suo bibliotecario. Cfr. E. Q. V.: Due discorsi inediti con alcune lettere ecc.: Milano, Resnati, 1841. Nel 1776 sposò a Napoli Maria Giovanna Medici d’Ottaiano, colla quale andò poco, anzi niente, d’accordo. Fu accusato falsamente di avere, per gelosia, avvelenato il card. Carandini. Cfr., per maggiori e piú particolari notizie, Vicchi VI, p. 215 e segg.