430Volea latrar; ma, sollevando il muso
E attonite rizzando ambe le orecchie,
Guardolla, e muto su l’impressa arena
Ne fiutò le vestigia. In questo mentre
Alla cara sua moglie Teletusa 435Il buon Lica dicea: Presto sul desco
Spiega un candido lino; e passe ulive
Rècavi e pomi e grappoli che salvi
Dal morso abbiam dell’aspro verno, e un nappo
Di soave lambrusca, e s’altro in serbo 440Tieni di meglio; ché mostrarci è d’uopo
Come piú puossi liberali a questa
Peregrina infelice. Allor spedita
Teletusa si mosse, e in un momento
Di cibo rustical coperse il desco, 445Ed invitò la dea; la quale assisa1
Sul limitar si stava, e immota e grave
L’infinito suo duol premea nel petto.
Né già tenne l’invito, ché mortale
Corruttibil vivanda non confassi 450A palato immortal; ma ben di trito
Odoroso puleggio2 e di farina
D’acqua commisti una bevanda chiese3,
Grata al labbro de’ numi, e l’ebbe in conto
Di sacra libagion. Forte di questo 455Meravigliossi Teletusa; e, fiso
Di Feronia il sembiante esaminando
(Poiché al sesso minor diero gli dei
Curïose pupille e accorgimento
Quasi divin), sospetto alto la prese, 460Che si tenesse in quelle forme occulta
Cosa piú che terrena. Onde, in disparte
Tratto il marito, il suo timor gli espose,
E creduta ne fu; ché facilmente
Cuor semplice ed onesto è persuaso. 465Allor Lica narrò quel che poc’anzi
↑445. assisa: «Lo starsi assiso sul limitare della casa ospitale era proprio de’ supplichevoli e degli infelici profondamente oppressi dalla disgrazia. In questa situazione è rappresentata Cerere dall’autore dell’Inno attribuito ad Omero. Ed Ulisse, rientrato nelle sue case sotto le sembianze di un mendico, siede nel vestibolo: e quivi avviene il famoso combattimento tra lui ed il pezzento Iro. Vedi l’Odissea, lib. XVIII, in principio». Mg.
↑452. «Quest’è la bevanda domandata da Cerere a Metanira (come si ha nell’Inno citato piú sopra alla nota al v. 445) dopo ch’ella ebbe rifiutato «Di dolcissimo vin colma una tazza», dicendo «... Non per lei Il rubicondo vino esser bevanda». (Trad. di Luigi Lamberti). Ivi pure è detto che la dea ebbe cotesta mistura in conto di sacra