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CANTO TERZO 275

     Degli aromi celesti e de’ profumi,
     Onde tal si diffuse una fragranza,
     350Che tutta empiea la casa e il vasto Olimpo1.
Mentre cosí l’ire gelose in cielo
     Disacerba Giunon, quai sono in terra
     Di Feronia le lagrime, i sospiri?
     Ditelo, d’Elicona alme fanciulle,
     355Voi che l’opere tutte e i pensier anco
     De’ mortali sapete e degli dei.
     Poi che si vide l’infelice in bando
     Cacciata dal natío dolce terreno,
     D’are priva e d’onori, e dallo stesso
     360(Ahi sconoscenza!) dallo stesso Giove
     Lasciata in abbandono; ella dolente
     Verso i boschi di Trivia2 incamminossi,
     E ad or ad or volgea lo sguardo indietro
     E sospirava. Sul piè stanco alfine
     365Mal si reggendo, e dalla lunga via
     E piú dal duolo abbattuta e cadente3,
     Sotto un’elce s’assise: ivi, facendo
     Al volto letto d’ambedue le palme,
     Tutta con esse si coprí la fronte,
     370E nascose le lagrime, che mute
     Le bagnavan le gote, e le sapea4
     Solo il terren che le bevea pietoso.
     In quel misero stato la ravvolse
     Dell’ombre sue la notte; e in sul mattino
     375Il sol la ritrovò sparsa le chiome5
     E di gelo grondante e di pruina;
     Perocché per dolor posta in non cale
     La sua celeste dignitade avea,
     Onde al corpo divin l’aure notturne
     380Ingiurïose e irriverenti furo
     Siccome a membra di mortal natura.
     Lica intanto, di povero terreno
     Piú povero cultor, dal letticciuolo
     Era surto con l’alba, e del suo campo
     385Visitando venía le orrende piaghe
     Che fatte avean la pioggia, il ghiaccio, il vento
     Agli arboscelli, ai solchi ed alle viti.
     Lungo il calle passando ove la diva


    vetro. Cfr. Plinio St. Nat. XXXVI, 26.

  1. 350. Che tutta ecc.: cfr. Omero Iliad. XIV, 173.
  2. 362. di Trivia: di Diana Nemorense.
  3. 366. E piú dal duolo ecc: Verso imitativo della stanchezza morale e materiale di Feronia.
  4. 371. le sapea: le conosceva.
  5. 375.