Delle rupi setine, onde la faccia
Scopriasi tutta del sommerso piano. 370Guarda (disse Giunon), riguarda, o figlio,
Di mia vendetta le primizie. E in questo
Gli mostrava l’orribile palude
Da freschi venti combattuta e crespa,
Mentre i raggi del Sol vòlti all’occaso 375Scorrean vermigli su l’incerto flutto;
Del sole1, che parea dall’empia vista
Fuggir pietoso e dietro ai colli albani
Pallida e mesta raccogliea la luce.
Già moría su le cose ogni colore, 380E terra e ciel tacea, fuor che del mare
L’incessante muggito; allor che pronto
Il fatal vase scoperchiò Vulcano,
E all’aura scintillar la rubiconda
Bragia ne fece. Ne sentiro il puzzo 385I sotterranei zolfi e le piriti
E gli asfalti oleosi; e, dal segreto
Amor sospinti che tra loro i corpi
Lega e l’un l’altro a desiar costrigne,
Ne concepîr meraviglioso affetto, 390E di salso umidor pasciuti e pingui
Si fermentaro ed esalâr di sopra
Improvvisa mefite2. E pria le nari
Ne fur de’ bruti e de’ volanti offese,
Che tosto piene le contrade e i campi 395Fêr di lunghi stridori e di lamenti.
N’ulularono i boschi e le caverne,
E tutti intorno paurosi i fonti
N’ebber senso d’orror. Corrotte allora
La prima volta la caronie linfe3 400Mandâr l’alito rio, che tetro ancora
Spira e infamato avvicinar non lascia
Né greggia né pastor. L’almo ruscello
Di Feronia turbossi, e amare e sozze
Dalla pietra natia spinse le polle 405Sí dolci in prima e cristalline. E Alcone
Pastor canuto, che v’avea sul margo
Il suo rustico tetto, a sé chiamando
Su l’uscio i figli, e il mar, le selve, il cielo