Pagina:Poesie (Monti).djvu/269


CANTO SECONDO 253

     Del figliuol di Tesèo. Gonfiata ed aspra
     120Spandeasi d’oro con argentee spume
     La corinzia marina, a cui dal mezzo
     Uscía sbuffando una cerulea foca1.
     E per orride balze ecco fuggire
     Gli atterriti cavalli; ecco sul lido
     125Rovesciato dal carro e lacerato
     L’innocente garzon. D’intorno al casto
     Esangue corpo si batteano il petto
     Di Trezene le vergini2; e, chiamando
     Crudel Ciprigna e piú crudel Nettuno3,
     130Piú ch’altre in pianto si struggea Dïana.
Al pregar dell’afflitta indi seguía
     D’Esculapio4 il prodigio e l’ardimento,
     Ché, vïolato delle Parche il dritto5,
     Col poter della muta6 arte paterna
     135Torna il pudico giovinetto in vita:
     Cui, redivivo e in densa nube avvolto,
     Con mutati sembianti all’aricine
     Selve poi reca la deliaca7 diva,
     E palpitando alla segreta cura
     140Il commette d’Egeria, inclita ninfa
     Delle leggi romane inspiratrice8.
S’apría di nero cïanèo9 scolpita
     Nel fianco della rupe una spelonca
     Sacra di Pindo alle fanciulle e cara
     145Piú che l’antro cirrèo10. Le serpe intorno
     Con tortuoso piede una vivace
     Edera d’oro, ed un ruscello in mezzo

  1. foca: «Euripide e dietro lui Ovidio fanno spaventare i cavalli d’Ippolito da un toro. Il nostro poeta a questo animale terrestre ha sostituito una foca, coll’autorità di Servio (Ad Aen. VI. 445): e già le foche sono i buoi del mare, siccome lo stesso Servio scrive». Mg.
  2. Di Trezene ecc.: Allude a que’ versi che Euripide, su la fine dell’Ippolito, pone in bocca a Diana (trad. Bellotti): «.... A compensarti Di quanto or soffri, o giovine infelice, A te poscia in Trezene incliti onori Assegnerò. Le giovinette figlie Pria delle nozze a te recideranno Le lunghe chiome, e ti daran solenne Di lagrime tributo; e delle vergini Le pietose canzoni ognor devote Saranno a te». Cfr. anche Pausania II, xxxii, 1.
  3. Crudel Ciprigna (Venere), perché aveva spinto la matrigna Fedra, innamorata del figliastro Ippolito, ad accusarlo ingiustamente al padre Teseo; piú crudel Nettuno, perché aveva suscitato contro i cavalli di quello la cerulea foca.
  4. Esculapio: figlio di Apollo e di Coronide e dio della medicina.
  5. delle Parche il dritto: le leggi della morte.
  6. muta: che opera silenziosa.
  7. deliaca: di Delo.
  8. Delle leggi ecc.: Numa Pompilio, sabino, il secondo re di Roma (714-672 av. C.), per dar maggiore autorità alle leggi religiose da lui promulgate, fingeva d’aver intorno ad esso i consigli della Ninfa Egeria, nell’antro ch’egli aveva dedicato a lei e alle Muse. Cfr. Livio I, 18 e segg. e Ovidio Metam. XV, 479.
  9. di nero cianèo: «di lapislazzolo puro, senza macchie bianche o giallastre, che rendono meno stimata questa pietra”. Pierg.
  10. cir-