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226 LA FERONIADE

     Che alla soave colocasia gode
     Intrecciar le sue fronde. Ecco il portento
     Dell’arte, che talor vince natura,
     Il superbo ranuncolo1; un dí vile
     105Mal noto fiore, ed or per l’opra e il senno
     Di Feronia, che molto amor gli pose,
     Fatto sí bello, che il diresti rege
     Degl’itali giardini. Aleppo e Cipro,
     Candia, Rodi e Damasco in umil pompa
     110Il mandaro alla diva; ed ella, esperta
     De’ botanici arcani, immantinenti
     Di varïate polveri ne sparse
     L’ima radice, che le bebbe, e a lui
     Di ben cento color tinse le chiome.
     115E tale or questo di bell’arte figlio
     Di donzelle non solo e di fiorenti
     Spose, a cui lode è la beltà nudrire,
     Ma di matrone ancor cura e desío,
     Ne’ romani teatri e ne’ conviti
     120Alle antiche patrizie il petto adorna,
     Ove Amor spegne la sua face e ride2.
Ma piú cara alle Grazie ed alla casta
     Man di Feronia, con piú pio riguardo
     Educata tu cresci, o mammoletta;
     125Tu che negli orti cirenei3 dal fiato
     Generata d’Amore e dallo stesso
     Amor sul colle pallantéo4 tradutta,


102-21. Ecco il venuto In regal pompa dai canopei lidi Orgoglioso ranuncolo, che tinge Di ben cento color le belle chiome, E, di matrone desiderio, adorna Ne’ romani teatri e ne’ conviti Delle altere patrizie il largo petto: Re dell’almo recinto egli pareva. Ma piú cara

    fiore sovra la testa. — Il medesimo Plinio (XXI, 15) rammenta la colocasia, e la dice Aegypto nobilissima. Anche l’acanto è pianticella egiziana». Mg. Cfr. Virgilio Ecl. IV, 20.

  1. ranuncolo: «L’autore con uno dei consueti anacronismi, di cui giovasi la poesia, trasporta all’età di Feronia ciò che avvenne assai dopo i tempi della mitologia. I primi ranuncoli furono portati in Europa dai Crociati ne’ secoli xii e xiii, ma vi rimasero negletti e quasi incogniti.... Il visir Cara Mustafà, quegli che nel 1683 minacciò Vienna e v’ebbe la famosa rotta, avendo instillato il gusto de’ fiori nel suo sovrano, il sultano Maometto IV, fece venire da Candia, da Cipro, da Rodi, d’Aleppo, da Damasco le radici ed i semi di tutte le piú belle varietà di ranuncoli, che da Costantinopoli inviate poi in varie parti d’Europa divennero l’ornamento de’ giardini cosí in Francia come in Italia. Allorché l’autore scriveva in Roma la Feroniade, questo fiore vi era in gran voga e si coltivava con amore singolarissimo». Mg.
  2. spegne ecc.: a significare che se queste matrone non destano piú amore, sanno però tener vive liete amicizie.
  3. negli orti cirenei: «I fiori di Cirene erano celebratissimi per la loro fragranza. Di che rende testimonio Ateneo nel lib. XV de’ suoi Dipnosofisti: «Le rose (scrive egli) che nascono presso Cirene sono odorosissime, onde colà è pur molto soave l’unguento rosato: anche l’odore delle viole e degli altri fiori vi è esimio e divino». Mg.
  4. «colle pallatèo chiama il poeta il Palatino di Roma ove gli