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8 | PROSOPOPEA DI PERICLE |
Di Grecia la ruina
Render superba e splendida
132La povertà latina.
Pianser deserte e squallide
Allor le spiagge achive1,
E le bell’arti corsero
136Del Tebro su le rive.
Qui poser franche e libere
Il fuggitivo piede,
E accolte si compiacquero
140Della cangiata sede.
Ed or fastose obbliano
L’onta del goto orrore2,
Or che il gran Pio le vendica
144Del vilipeso onore3.
Vivi, o signor. Tardissimo
Al mondo il ciel ti furi,
E con l’amor de’ popoli
148Il viver tuo misuri4.
Spirto profan, dell’Erebo5
All’ombre avvezzo io sono;
Ma i voti miei non temono
152La luce del tuo trono.
Anche del greco Elisio6
Nel disprezzato regno
V’è qualche illustre spirito,
156Che d’adorarti è degno7.
136. Del Tebro in su le rive (S.).
147. E co’ l’amor dei popoli (’81).
149. Spirto profano e lurido (S. R. ’81, ’83 e ’87).
156. Che d’onorarti è degno (S.). di onorarti (R.).
- ↑ 134. achive: greche.
- ↑ 142. L’onta ecc.: l’onta ricevuta dai barbari invasori.
- ↑ 144. Del vilipeso onore: del non essere stato, come avrebbero meritato, tenute in alcun onore.
- ↑ 145. Vivi, o signor ecc.: Mossa altamente lirica e che fa rammentare della chiusa di un’ode d’Orazío (I, ii, 4,5): Serus in coelum redeas, diuque Laetus intersis populo Quirini, e di alcuni degli ultimi versi delle Metamorfosi (XV, 868): Tarda sit illa dies et nostro serior aevo, Qua caput augustum, quem temperat, orbe relicto Accedat coelo faveatque praecantibus absens.
- ↑ 149. Erebo: (gr. érebos: oscurità) parte dei regni sotterranei, ove, secondo Virgilio (En. VI, 426 e segg.), stanno, in sedi separate, i bambini, i suicidi, i morti per amore e i valorosi in guerra. Era diverso dal Tartaro, luogo di tormento.
- ↑ 153. Elisio: La sede delle anime beate dopo morte, posta, secondo alcuni, nel centro della terra; secondo altri, di là dalle colonne d’Ercole; secondo altri ancora, altrove. Cfr. Virgilio En. VI, 637 e segg.
- ↑ 156. Osserva bene il Mestica (op. cit., p. 57): «Arcadiche mi sembrano assolutamente le due ultime strofe, senza le quali il componimento col grandioso concetto, desunto dalla seconda ode di Orazio ed espresso con fulminea rapidità, finirebbe assai meglio».
Graecia capta ferum victorem cepit et artes Intulit agresti Latio.