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170 | IN MORTE DI LORENZO MASCHERONI |
Quando un’ombra1 m’occorse alla veduta
Mesta sì, ma sdegnosa in atto altero.
325Sovresso2 un marmo sepolcral seduta
Stava l’afflitta, e della manca3 il dosso
Era letto alla guancia irta e sparuta.
Ombrata avea di lauro non mai scosso4
La spazïosa fronte e sui ginocchi
330Epico plettro, che dall’aura mosso
Dir fremendo parea: Nessun mi tocchi.
Ver’ lui mi spinsi, e dissi: O tu che spiri
Dolor cotanto e maestà dagli occhi,
Soddisfami d’un detto a’ miei desiri;
335Parlami ’l nome tuo, spirto gentile.
Parlami la cagion de’ tuoi sospiri;
Se nulla5 puote onesto prego umile.
- 328. Ombrosa avea (C).
- ↑ 323. un’ombra: quella dell’Ariosto.
- ↑ 325. Sovresso: cfr. la nota al V. 127, p. 88.
- ↑ 326. e della manca ecc.: Dante Purg. vii, 107: «L’altro vedete c’ha fatto alla guancia Della sua palma, sospirando, letto».
- ↑ 328. non mai scosso: vuol dire che la fama dell’Ariosto non è mai venuta meno.
- ↑ 337. nulla: qualche cosa.
l’una patria di Esiodo, l’altra una delle sette che si contesero il vanto d’aver dato i natali ad Omero.
CANTO QUINTO
Contenuto: L’ombra, ch’è poi dal Verri riconosciuta per quella dell’ Ariosto, rimprovera l’Italia d’esser fetida sentina d’ogni vizio, e d’aver abbandonato il valore antico; quindi risponde d’essersi là recata per la traslazione che la patria pietosa fece delle sue ceneri ( 1-51 ). Ma venuta non fosse, che non l’avrebbe veduta oppressa (52-66). Nel mentre, avviene sul territorio ferrarese un’innondazione dei fiumi Reno e Panaro, cui s’aggiunge un turbine feroce, che schianta alberi e distrugge raccolti: fuggono spaventati e impoveriti gli abitanti, i lamenti dei quali non ascolta il governo, che pensa soltanto a sé (67-147). L’ombra dell’Ariosto manda un grido e sparisce; e il Verri passa a Bologna, a Modena, a Reggio, assai mutate da quel che furono (148-221). La narrazione è interrotta da una voce che grida: «pace al mondo», cui risponde festante il cielo. I quattro spiriti si volgono dalla parte donde venne la voce, e veggono uscire dalla Senna un fiume di luce e in mezzo ad esso un eroe, che ripone la spada nel fodero ed offre l’olivo alla nemica d’Europa, l’Inghilterra (222-246). Tutte le deità marine, già timorose della guerra, escono festose a galla, e il Commercio si ridesta a rinvigorire di novella vita l’Europa e l’Italia, se vorrà liberarsi de’ malvagi e se i suoi reggitori sapranno adempierne tutte le speranze (247-288).