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166 IN MORTE DI LORENZO MASCHERONI

205E nel vederli mi sclamai: Salvete,
     Piagge dilette al ciel, che al mio Parini
     Foste cortesi di vostr’ombre quete1,
Quando ei fabbro di numeri2 divini,
     L’acre bile3 fe’ dolce e la vestía
     210Di tebani concenti e venosini4.
Parea de’ carmi tuoi5 la melodia
     Per quell’aure ancor viva, e l’aure e l’onde
     E le selve eran tutte un’armonia.
Parean d’intorno i fior, l’erbe, le fronde
     215Animarsi e iterarmi in suon pietoso:
     Il cantor nostro ov’è? chi lo nasconde?
Ed ecco in mezzo di ricinto ombroso6
     Sculto un sasso funèbre che dicea:
     Ai sacri mani7 di parin riposo.
220E donna8 di beltà che dolce ardea
     (Tese l’orecchio, e fiammeggiando il vate
     Alzò l’arco del ciglio, e sorridea9)
Colle dita venía bianco-rosate
     Spargendolo di fiori e di mortella,
     225Di rispetto atteggiata e di pietate10.
Bella la guancia in suo pudor; piú bella
     Su la fronte splendea l’alma serena,
     Come in limpido rio raggio di stella.


208-16. E lui spiraste i numeri divini, Che sovente obliar fêro ad Apollo I tebani concenti e i venosini. Io le mirava, e non venia satollo Mai del mirar; ché rapido il piacere L’un dall’altro sorgea come rampollo: Quando un accento non lontan mi fère Che il tuo nome suonava. Disïoso Donde quel suono uscía corsi a vedere.
211. de’ carmi suoi (O.).
220. Ed una non so ben se donna o dea (Cosí legge anche l’ediz. C.).
221-2. (Tese l’orecchio, aguzzò gli occhi il vate, E spianava le rughe e sorridea)


    sibil pendio, ...».

  1. 207. cortesi di vostr’ombre quete: Parini Od. I, 41: «Già la quiete, a gli uomini Sí sconosciuta, in seno De le vostr’ombre apprestami Caro albergo sereno».
  2. 208. numeri: armonie, versi.
  3. 209. L’acre bile ecc.: addolcí degli allettamenti dell’arte la bile che gli ferveva in petto contro i vizi del suo tempo. Allude, com’è manifesto, al Giorno.
  4. 210. Di tebani ecc.: de’ suoni della poesia pindarica e oraziana.
  5. 211. tuoi: perché il Verri parla al Parini.
  6. 217. L’avv. Rocco Marliani nella sua villa, che, dal nome della moglie, chiamò Amalia, posta su una collina di Erba, donde si scorgeva il lago di Pusiano, fece erigere all’amico Parini un monumento, protetto da lauri, e incidervi sopra i vv. di lui, un po’ mutati, che servono di chiusa all’ode XVII: «Qui ferma il passo, e attonito Udrai del tuo cantore Le commosse reliquie Sotto la terra argute sibilar».
  7. 219. Mani: cosí chiamavano gli antichi le anime de’ buoni morti.
  8. 220. donna: la sposa del Marliani.
  9. 221. Tese ecc.: Per mezzo di questi atti vuole il p. significare l’ammirazione vivissima, che della bellezza femminile ebbe sempre il Parini.
  10. 225. Di rispetto ecc.: Ricorda, per la forma del verso, il dantesco (Purg. x, 78): «Di lagrime atteggiata e di dolore».