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CANTO SECONDO 147

Pietà gridammo; ma pietà non transe1
     Al cor de’ cinque; di piú ria catena
     165Ne gravarno i crudeli, e invan si pianse.
Vòta il popol per fame avea la vena2;
     E il viver suo vedea fuso e distrutto
     Da’ suoi pieni3 tiranni in una cena.
Squallido, macro il buon soldato, e brutto
     170Di polve, di sudor, di cicatrici,
     Chiedea plorando del suo sangue il frutto;
Ma l’inghiottono l’arche4 voratrici
     Di onnipossenti duci e gl’ingordi alvi5
     Di questori, prefetti e meretrici.
175Or di’: conte6 all’eroe che ancor n’ha salvi
     Son queste colpe? e rifaran gl’Insúbri
     Le tolte chiome o andran piú mozzi e calvi?
Verran giorni piú lieti o piú lugúbri7?
     Ed egli, il gran campione, è come pria
     180Circuíto da vermi e da colúbri8?
Sai come si arrabatta esta genía,
     Che ambizïosa, obbliqua, entra e penètra
     E fóra e s’apre ai primi onor la via.
Di Nemi il galeotto9, e di Libetra
     185Certo rettile sconcio10 che supplizio
     Di dotti orecchi cangiò l’ago in cetra,
E quel sottile ravegnan patrizio11
     Sí di frodi perito che Brunello12
     Saría tenuto un Mummio13 ed un Fabrizio,

    piú da paese di conquista che da confederata Repubblica». Mg.

  1. 163. transe: passò (lat.).
  2. 166. Vòta ecc.: mancava al sangue il necessario nutrimento.
  3. 168. pieni: ben pasciuti.
  4. 172. l’arche: gli scrigni. Cfr. per lo stesso uso di arca, Dante Par. viii, 83 e Parini Od. I. 18 e IX. 18.
  5. 173. alvi: pancie.
  6. 175. conte: note.
  7. 176. rifaran gl’Insùbri ecc.: ritorneranno i Lombardi nella primiera libertà, o diverranno anche piú schiavi? Gli uomini liberi portarono già i capelli lunghi: gli schiavi, corti.
  8. 180. da vermi ecc.: da vili e da astuti?
  9. 184. Di Nemi il galeotto: il Lattanzi. Cfr. la nota al v. 198 del c. I. — e di Libetra ecc.: il Gianni. Cfr. la nota al v. 196 del c. I. Libetra era fonte sacra allo Muse. dette però anche Libétridi.
  10. 185. sconcio: gobbo.
  11. 187. E quel sottile ecc.: Negli ultimi mesi del 1797 il Monti fu mandato con Luigi Oliva, cremonese, giovanissimo e poeta, qual commissario del Direttorio esecutivo nel dipartimento del Rubicone, per ordinare l’Emilia, L’Oliva e il Monti compirono il loro ufficio con energia e con coraggio e insieme con moderazione; ma non ostante ciò furono accusati formalmente il 2 gennaio 1798 al Gran Consiglio dal marchese ravennate Alessandro Guiccioli (che il Monti, a sua volta, accusò poi di mali acquisti al governo) «di arbitrii nell’uso dell’autorità e della polizia, di concussioni ecc.». Con decreto del 5 gennaio fu richiamato l’Oliva, e con altro del 9 il Monti. Ci fu un processo, ove l’Oliva difese valorosamente l’opera de’ commissari, di modo che con 70 voti contro 22 «fu solennemente dichiarato non esservi luogo a procedere politicamente e criminalmente». Cfr. Vicchi VIII. 534 e segg. e Lodovico Corio: Vincenzo Monti studiato nell’Archivio di stato a Milano in Rivista Europea, vol. IV, fasc. I, p. 5 e segg.
  12. 188. Brunello di Maganza, personaggio ariostesco (IV, 2) «non puro e non sincero, Ma tutto simulato e tutto finto».
  13. 189. Mummio: