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CANTO SECONDO | 141 |
Raggio di sole che, rotta la nera
Nube, nel fior che già parea morisse
Desta il riso e l’amor di primavera1.
10Il suo labbro tacea; ma con le fisse
Luci e con gli atti dell’intento volto
Tutto, tacendo, quello spirto disse.
Sorrise l’altro; e poscia in sé raccolto,
Bonaparte, seguía, della sua figlia2
15Giurò la vita, e il suo gran giuro ha sciolto.
Sai che col senno e col valor la briglia
Messo alla gente avea3 che si rinserra
- ↑ 9. l’amor di primavera: la bellezza primaverile, che lo fa essere oggetto d’amore.
- ↑ 14. della sua figlia: la Cisalpina.
- ↑ 17. alla gente ecc.: agli Egiziani, posti tra il mare de’ Libi a nord-ovest e il mar Rosso ad est. La spedizione d’Egitto è materia del V canto del Bardo della S. N. - «Qui l’autore accenna la spedizione in Egitto fatta da Napoleone affine di avere, colonizzando quel ricco paese, il vero punto d’appoggio onde rovesciare il dominio politico e mercantile degl’Inglesi nell’India. Ad intelligenza di questo squarcio ritrarremo in breve i fatti istorici a cui si allude. Non appena Bonaparte aveva posto piede nell’Egitto, che gl’Inglesi strinsero lega colla Porta Ottomana, la quale adunò bentosto due poderosi eserciti, di cui l’uno comandato da Gezzar, pascià della Siria, doveva da questa provincia entrare nell’Egitto, e l’altro sotto gli ordini di Mustafà pascià doveva sbarcare ad Abukir, spalleggiato dall’armata inglese capitanata da Sidney Smith. Napoleone avvertitone, con quella celerità di concepimento che fu in lui prodigiosa, uscí dal Cairo con diecimila uomini, giunse in pochi giorni ad El-Arisch, piccola fortezza all’ingresso dell’Egitto dalla parte della Siria, la quale era caduta in potere dell’antiguardo di Gezzar pascià, e lo costrinse ad arrendersi. Di qui attraversando un deserto di 150 miglia, dove egli e i suoi soldati furono soggetti ad ogni sorta di patimenti, penetrò nelle fertili e ricche pianure di Gaza, memorabili nella storia delle Crociate, e dove dopo tanti secoli non si era mai veduta orma di esercito europeo. Gaza capitolò al primo presentarsi dell’esercito vincitore: pochi giorni dopo marciò contro Iaffa, che fu presa d’assalto e la guarnigione turca passata a fil di spada. Intraprese in seguito il celebre assedio di Ascalona, o S. Giovanni d’Acri, dove Gezzar pascià aveva raccolto il meglio dello sue forze, ed era soccorso dagl’Inglesi. I Francesi con una costanza ed un’audacia incredibile erano montati piú d’una volta all’assalto; una parte della città era già presa, e lo stesso Gezzar s’era imbarcato per salvarsi, quando improvvisi rinforzi giunsero a rinfrescar l’abbattuto coraggio dei Turchi. Napoleone continuando l’assedio per qualche settimana avrebbe potuto egualmente pigliare la città; ma avvisato che l’altro esercito stava già per isbarcare ad Abukir, credette piú vantaggioso di andarlo ad incontrare prima che si potesse congiungere coi mammalucchi. Durante l’assedio di Giovanni, Kléber, il quale con una divisione di quattromila uomini era stato spedito contro ad un esercito di Turchi, avvenne che trovassesi investito presso al monte Tabor da ventimila di costoro comandati da Damas pascià. Napoleone volò in suo soccorso, e lungo la via batté numerosi corpi di Ottomani a Nazaret, a Saffet, a Canaan e nei contorni del Giordano, e finalmente nei piani di Esdrelona alle falde del Taborre sconfisse l’esercito di Damas pascià, il quale, oltre a cinquemila uomini, perdette tutto il suo ricco bagaglio militare. Malgrado la ritirata dei Francesi da S. Giovanni d’Acri, le perdite del pascià della Siria erano sí gravi, che non ebbe il coraggio d’inseguirli. Intanto Mustafà pascià e Sidney Smith erano sbarcati al Abukir, in quella stessa rada dove un anno prima la squadra navale francese comandata dall’ammiraglio Brueys era stata annichilita da Nelson. Napoleone giunse in tempo onde cancellar quella macchia. L’esercito di Mustafà fu tagliato a pezzi [26 luglio 1799], egli stesso ferito dovette arrendersi con tutto il suo stato-maggiore, Sindney Smith potè appena salvarsi sopra una scialuppa, e piú di quindicimila Turchi si annegarono in mare, volendo nella confusione salvarsi sopra le navi. Qualche settimana dopo, avvertito Napoleone dei disordini che regnavano in Francia, abbandonò segretamente l’Egitto, apparve inaspettato a Parigi, dove
nota al v. 167, p. 136.