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CANTO PRIMO | 135 |
Di lavoro mortal mugghio saría.
E il sol sí viva saettò la luce,
110Che il piú puro tra noi giorno sereno
Notte agli occhi saría quando è piú truce.
Qual tra mille fioretti in prato ameno,
Vago parto d’april, la fanciulletta,
Disiosa d’ornar le tempia e il seno,
115Or su questo or su quel pronta si getta,
Vorría tutti predarli, e li divora
Tutti con gli occhi ingorda e semplicetta;
Tal quell’alma trasvola, e s’innamora
Or di quel raggio ed or di questo, e brama
120Fruir di tutti, e niun l’acqueta ancora:
Perocché piú possente a sé la chiama
Cura d’amore di quei cari in traccia
Che amò fra’ vivi e piú fra gli astri or ama.
Ella di Borda1 e Spallanzan la faceia
125E di Parin2 sol cerca; ed ogni spera
N’inchiede, e prega che di lor non taccia.
Ed ecco a suo rincontro una leggiera
Lucida fiamma, che nel grembo porta
Una dell’alme di cui fea preghiera.
130Qual fu suo studio in terra, iva l’accorta
Misurando del cielo alle vedette3
L’arco che l’ombra fa cader piú corta4.
— Oh mio Lorenzo! — Oh Borda mio! — Fur dette
Queste, e non piú, per lor, parole: il resto
135Disser le braccia al collo avvinte e strette.
— Pur ti trovo. — Pur giungi. — Io piansi mesto
L’amara tua partita, e su latino5
N. B. Queste varianti sono state ricavate dall’edizione milanese del 1801, indicata con un G.; da quella di Capolago, indicata con un C.; dalla bolognese delle Opere ecc. (vol. I, 1821), indicata con un B. e da quella del Le Monnier (1847), indicata con un L.
- 108. muggio saria (C.).
- 113. Vago prato d’april (L.).
- 114. Le tempia, il seno, (G. C.).
parata al sonar di quella lira».