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CANTO TERZO | 95 |
Il mar s’infuria; e il Lusitan1 n’ascolta
Nel buio della notte il gran ruggito.
Sgomentossi, ristette, e a quella volta
365Drizzò l’orecchio di Bassville anch’essa
L’attonit’ombra in suo dolor sepolta.
Palpitando ristette; e alla convessa
Regïon2 sollevando la pupilla
Traverso all’ombra sanguinosa e spessa,
370Vide3 in su per la truce aria tranquilla
Correr spade infocate; ed aspri e cupi
N’intese i cozzi ed un clangor di squilla.
Quindi gemere i boschi, urlar le rupi4,
E piangere le fonti e le notturne5
375Strigi6 solinghe, e ulular cagne e lupi;
E la quïete7 abbandonar dell’urne
Pallid’ombre fur viste, e per le vie
Vagolar sospirose e taciturne;
Starsi i fiumi8, sudar sangue le pie
380Immagini de’ templi, ed involato
Temer le genti eternamente il die.
O pietosa mia guida, che campato
M’hai dal lago d’Averno, e che mi porti
A sciogliere per gli occhi il mio peccato;
385Certo di stragi e di sangue e di morti
Segni orrendi vegg’io: ma come? e donde?
E a chi propizie volgeran le sorti?
Al suo duce sí disse, e avea feconde
Di pianto la francese ombra le ciglia.
390Vienne meco, e il saprai, l’altro risponde;
Ed amoroso per la man la piglia9.
- ↑ il lusitan: il portoghese.
- ↑ alla convessa regïon: al cielo.
- ↑ In questa e nelle tre terzine segg. imita, ma non collo stesso ordine, la descrizione che Virgilio in fine del I delle Georgiche fa de’ portenti avvenuti dopo la morte di Cesare. Cfr. anche, a tal proposito, Ovidio Metam. XV, 782 e Tibullo II, v. 71. — Vide ecc.: Virgilio op. cit. 474: Armorum sonitum toto Germania coelo Audiit... Cfr. anche Macabei V, 2.
- ↑ Quindi ecc.: op. cit., 476: «Vox quoque per lucos vulgo exaudita silentes Ingens...
- ↑ e le notturne ecc.: op. cit. 470: Obscenaeque canes, importunaeque volucres Signa dabant....
- ↑ Strigi: i barbagianni.
- ↑ E la quïete ecc.: op. cit. 477: et simulacra modis pallentia miris Visa sub obscurum noctis...
- ↑ Starsi i fiumi: op. cit. 479: sistunt amnes... Et moestum inlacrimat templis ebur, aeraque sudant.
- ↑ Qui fu interrotta la cantica, che doveva finire con l’ingresso del Bassville nella gloria del cielo. Al qual proposito, scriveva il Monti, in data 1 ottobre 1784, all’amico Franc. Torti (Rosn. Ep., p. 86): «Ho anche voglia di mandarvi un saggio già stampato della mia Musogonia succeduta al sonno forse eterno del poema Bassvilliano: dico eterno, perché il rovescio delle vicende d’Europa distrugge tutto il mio piano, e non lascia piú veruna speranza di fine al Purgatorio del mio povero Eroe». «Nondimeno — aggiungeva il Maggi nell’ultima nota al poema — i quattro canti di questa altissima poesia hanno già bastante consistenza per sé, e certamente assai maggiore di quella delle Stanze del Poliziano, che cosí imperfette vengono tenute per uno de’ piú eleganti poemi italiani».
giusto danno d’altri.