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NEI SOTTERRANEI DELL’ESCURIALE.


Tacito e stanco, a passi malsicuri,
Vo errando in mezzo ai neri irti graniti,
E mi par che per gli anditi infiniti
Da un anno il mio pellegrinaggio duri;

E veggo in fondo ai cortiletti oscuri
Passar larve di frati scheletriti
E tremola agli stanchi occhi atterriti
La lunga di Filippo ombra sui muri.

E scendo interminate umide scale,
E sotto a orrende volte il capo inchino,
E una immensa tristezza il cor m’assale;

Quando repente dalla tetra mole
Sbocco tra ’l verde d’un regal giardino,
E getto un grido d’allegrezza al sole.